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lunedì 28 settembre 2015

IL MISTERIOSO OSPITE DEL DOTT. FENYVES

A Caraffa del Bianco l'incontro tra un medico ungherese e....

Dal mensile IN ASPROMONTE di settembre 2015

Il 15 marzo 1980, per qualche minuto, in Brasile, una donna pensò di intraprendere un lungo viaggio verso l’Italia, precisamente in Calabria. Quel giorno era morto suo padre, Andrea Fenyves, un medico che dal febbraio 1930, per alcuni anni, aveva lavorato in un paese aspromontano, Caraffa del Bianco, dove, ancora oggi, viene ricordato come “l’ungherese”.

Il dott. Fenyves, difatti, era nato a Budapest il 13 giugno 1904, in una famiglia di origini ebraiche. Per questa sua discendenza, pur essendosi convertito al cattolicesimo, nel giugno del 1940 subì la triste disavventura di essere rinchiuso nel campo di concentramento di Notaresco (TE). Era il n. 129 della lista degli ebrei “apolidi”. Venne catturato a Clana, vicino Fiume (oggi Rijeka, Croazia), dove si era trasferito perché in Calabria non percepiva più lo stipendio (probabilmente a causa di un complotto ordito da alcuni signorotti locali). Liberato nel gennaio del 1941, grazie all’intercessione di Pio XII, Andrea Fenyves emigrò definitivamente in Brasile, a San Paolo.
Eppure, ai figli ed ai nipoti, non ha mai smesso di riportare aneddoti riguardanti la sua esperienza in Calabria: dall’amicizia con Francesco Rossi, di Sant’Agata del Bianco, alle chiacchierate con il podestà di Caraffa.
Andrea Fenyves e Francesco Rossi
a Sant'Agata del Bianco (anni '30)

E tuttora molti anziani hanno presente la figura del medico che, proprio a Caraffa, ricevette la cittadinanza onoraria italiana da parte del regime fascista per aver guarito numerosi abitanti colpiti da una malattia sconosciuta (la Leishmaniosi umana).

Il prof. Carlo Galletta, ad esempio, con lucidità e affetto, ne descrive l’essenza umana e la specificità professionale, ricordando quando, da bravo chimico, si recava dal farmacista Ruffo per elaborare le dosi esatte di qualche medicinale.
Inês con il prof. Galletta (luglio 2014)
Per tutti, quindi, il dott. Fenyves era l’uomo della provvidenza, capace di curare ferite e malattie, sempre gentile e disponibile, così simile, in un certo senso, al Carlo Levi di Cristo si è fermato ad Eboli (anch’egli arrivato da lontano nel cuore di un’isolata società contadina).

Pure i figli del medico ungherese, MagdaAlessandro, nasceranno a Caraffa del Bianco, laddove, nel 2013, dopo 80 anni, Magda ritornerà per cercare le tracce del suo passato. Un anno dopo (luglio 2014) visiterà la Calabria anche la figlia di Magda, Inês, quasi a testimonianza del rapporto profondo che lega questa famiglia alla nostra terra. Sono tante, difatti, le storie narrate dal nonno a Inês. Tra queste, quella del suo arrivo nella casa di Caraffa, di fianco la chiesa di San Giuseppe.  

Il dott. Fenyves raccontava di essere entrato nella camera, che poi sarebbe diventato il suo studio, e di aver trovato una persona piegata sulla scrivania, con la mani poggiate ai lati della testa come per evitare che cadesse.
Dopo la sorpresa iniziale, l’ignoto ospite disse al medico di non temere: egli frequentava abitualmente quella casa prima del suo arrivo, comunque, ora, sarebbe andato via.
La circostanza, quasi da situazione teatrale, incuriosì il dott. Fenyves che iniziò a chiedere alla gente chi fosse quel bizzarro personaggio.
Magda Fenyves nella "sua" casa
di Caraffa del Bianco
Ma, quando descriveva le sembianze fisiche dell’uomo, tutti rispondevano alla stessa maniera: “si tratta del cav. Pietro Paolo Mezzatesta, morto qualche anno addietro, il 10 novembre 1927. E’ stato il primo podestà del paese e sindaco varie volte a partire dal 1886. E’ capitato pure ad altri di incontrarlo. Però è un fantasma buono”.

Mai, in paese, si era parlato con tanta serenità di uno spettro, come se fosse qualcosa di normale, una certezza collettiva, un’altra condizione dell’esistere.
Tuttavia c’era una verità, un segreto, che bloccava ancora il cav. Pietro Paolo Mezzatesta sulla terra, tra i viventi, e che lo faceva penare come alcune anime descritte da Dante.
Un segreto che, una notte di pioggia, il fantasma svelò solamente al dott. Fenyves prima di congedarsi da lui e scomparire per sempre.
Non sappiamo se il medico ungherese abbia mai rivelato a qualcuno le parole di quell’ombra amica (di cui gli anziani rammentano la leggenda, coscienti che, per qualche motivo, adesso non c’è più).

Ma, di sicuro, Andrea Fenyves è riuscito a tratteggiare nella mente dei suoi familiari le immagini di un luogo ove spesso agiscono forze più grandi e forti degli uomini; senza dimenticare quella geografia poetica e quel dolore umano che, prima di lasciare Caraffa, egli seppe caricare nel suo cuore e portare con sé nel lungo viaggio della vita.


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