Dal mensile "IN ASPROMONTE" di Febbraio 2014
“Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e
Charley, l’ebulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso? Tutti,
tutti, dormono sulla collina…”. Inizia così l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, un libro di poesia
pubblicato in America nel 1915. In Italia l’opera arrivò solo nel 1943 grazie
alla traduzione di Fernanda Pivano che ricorda come da ragazzina chiese a
Cesare Pavese, suo insegnante, la differenza tra la letteratura americana e
quella inglese ed egli le regalò quattro volumi tra i quali c’era pure l’Antologia di Spoon River. Il libro (che
ispirò a Fabrizio De Andrè brani come “La
collina”, “Il suonatore Jones” e tutto l’album “Non al
denaro non all'amore né al cielo”) è ordinato per epitaffi che narrano la storia di
ciascun abitante di Spoon River sepolto nel leggendario cimitero.
Eppure
anche l’Aspromonte ha la sua collina e la sua Spoon River con “la
consapevolezza austera e fraterna del dolore di tutti, della vanità di tutti”. Solo
che nessuno più la ricorda. In contrada Crocefisso, difatti, nel comune di
Bianco, un vecchio cimitero abbandonato, contiguo ai ruderi del Convento di S.
Maria della Vittoria, è interamente scomparso, coperto dalla vegetazione
circostante. Il Convento risale al 1622 e già dal 1678 era rinomato per le due “Fiere
della Croce” che si svolgevano a maggio. Da qui passarono i viaggiatori del
‘700 e dell’800, che trovarono ospitalità e si rinfrescarono nel suo pozzo
(vedi E. Lear). Sempre in questo
luogo partivano ed arrivavano le lettere fra Padre Bonaventura e Maria Cristina di
Savoia, regina delle Due Sicilie, la quale, prima di sposare Ferdinando II, aveva scelto di
farsi monaca. Maria Cristina fu sempre considerata una “Regina Santa” ed il 25
gennaio del 2014, a Napoli, è stata proclamata beata. Perché predilesse come suo confessore questo monaco calabrese
rimane un mistero.
Successivamente anche il Convento di Contrada Crocefisso subì
le violenze dei soldati Piemontesi che, arrivati qui per unificare l’Italia, lo
incendiarono e fucilarono i religiosi.
Il “cimitero scomparso”, invece, con le sue storie, i suoi
personaggi e le sue lapidi fu costruito agli inizi del ‘900 per i paesi di
Sant’Agata, Caraffa e Casignana ed iniziò ad espandersi quando le fosse comuni,
ove venivano seppelliti quasi tutti (eccetto i nobili), erano oramai sature.
Addentrandosi a fatica tra i rovi si riesce ancora a leggere
l’epigrafe di un sepolcro ove riposa un ventenne di Sant’Agata del Bianco
“assassinato inopinatamente”, il 25 agosto del 1931, dalla sua fidanzata. Un
caso unico per i paesi della Vallata Laverde. Oppure si possono scorgere i nomi
e le date incise sulla pietra resa nera dall’umidità. E chissà dove si trovano
i resti del monaco Giuseppe Lucà, detto “u Jancu” (per il colore chiaro della
sua pelle), che si innamorò di una ragazza del luogo e la sera, nel Convento,
le offriva un’accoglienza non proprio religiosa. Oltre a ciò, si narra che il
monaco, considerato una sorta di stregone, dopo la morte e poco prima di essere
seppellito si svegliò. Così un prete di
Bianco, per non consentirgli di “resuscitare”,
lo colpì con una grossa croce di legno.
Tuttavia, adesso, il cimitero quasi non esiste. Si intuisce appena un
cipresso che si erge solitario sopra un muretto di pietra. Tutto il resto giace
sotto l’ombra, sospesa nel tempo, delle piante e degli arbusti. Eppure se
questa collina non si trovasse in Aspromonte forse un Edgar
Lee Masters ci avrebbe persino scritto un libro. Invece, alle persone interrate
nel cimitero, ed ai loro nomi, pure l’altra vita gli ha reso soltanto il loro
destino di affanno e miseria.Contrada Crocefisso (RC) |
Un muro del vecchio cimitero |
La vegetazione che copre interamente i sepolcri |
Il Convento contiguo al cimitero Clicca QUI per ingrandire il Video |
Io ricordo che c'era una fossa comune. Andavo di tanto in tanto a trovare Bruno che pascolava le sue mucche da quelle parti e ricordo di essermi calato in questa fossa che era piena di ossa umane e c'erano perfino dei teschi.
RispondiEliminaNon tutti sanno che fino al 1958-60 , il convento e il cimitero annesso erano ancora in ottimo stato.Qualcuno ha avuto la brillante idea di ristrutturalo per costruirvi una scuola.Ero un ragazzino di 4-5 anni ma ricordo ancora gli affreschi della chiesa e delle pareti.Iniziano i lavori ad opera degli "Svedesi" così chiamati i volontari pervenuti da tutte le parti del mondo.Vengono sventrati i muri e rimossi i cadaveri di personaggi illustri del clero e non (specie nella chiesa) e con essi monili e altri oggetti di gran valore. I dipinti scomparvero, le mura si indebolirono, l'acqua si infiltrò e il convento crollò.I lavori non furono mai ultimati e la scuola fu costruita altrove.
RispondiEliminaRicordo ancora , sul lato posteriore, un muro altissimo dove nidificavano i falchi. Prendevo i piccoli e li allevavo, resero felice la mia fanciullezza.
Un modo di dire legato al convento " I villani non conoscono i capperi" lo ripeteva sempre la signora M. che raccoglieva i capperi che crescevano sulle mura del convento non curandosi di dove pescavano le radici. Oggi il convento è la dimora delle pecore, parte del cimitero è vigneto , il resto è bosco.
Si parte é vigneto, parte agrumeto e per realizzare le varie piantagioni sono andati con le ruspe per estirpare e poi riseppellire le macerie e le "ossa" di chi riposava in pace. I vari proprietari, alcuni lo sono tutt'ora, non hanno avuto scrupoli, si sono impossessati di quei luoghi sacri e nessuno ha fatto niente per impedirlo... Ecco cancellato un altro pezzo della nostra storia.
RispondiEliminaricordo benissimo la fine degli '50 quando gli svedesi vennero alla contrada Crocefisso. D'estate le ragazze svedese scendevano alla spiaggia di Bianco e noi ragazzi ci eravamo innamorati di loro e facevamo il bagno assieme. Ricordo ancora il nome di una di loro: Elisabeth
RispondiEliminaPerché le piante e gli arbusti non possono essere eliminati? Penso che questa sia un'area sacra e dovrebbe essere pulito.
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