Quando perdemmo il nostro Nuovo Cinema Paradiso
Dal mensile IN ASPROMONTE di luglio
L'articolo sul mensile IN ASPROMONTE |
Con
queste parole, nel capolavoro di Giuseppe Tornatore del 1988, “Nuovo Cinema Paradiso”, l’anziano e cieco
ex proiezionista Alfredo consigliava al giovane Totò di andarsene dalla
Sicilia. Un tema, quello della fuga nella speranza di un futuro migliore, che
ripercorre tutta la storia del Sud Italia e della sua letteratura. Eppure, in Aspromonte,
un decennio prima del 1988, potevamo avere il nostro Nuovo Cinema Paradiso. Ma
la progettazione del film fu sospesa per futili motivi economici.
Nel 1977,
difatti, per le vie di Sant’Agata del Bianco camminavano uno
scrittore ed un regista accompagnati dai loro assistenti. Visionavano posti,
vie ancora inalterate dal futuro “partito del cemento”, sorgenti d’acqua e
paesaggi. Registravano luoghi da collegare a possibili scene.
Lo scrittore
in questione era Saverio Strati, nato proprio a Sant’Agata
del Bianco nel 1924, mentre il regista era Angelo Dorigo che,
tra i suoi tanti lavori, aveva avuto un buon successo nella direzione di “Amore
e guai”, interpretato da Valentina Cortese e Marcello
Mastroianni.
La pellicola
doveva essere una produzione della RAI che, dopo la conquista
del premio Campiello da parte di Strati, aveva
deciso di girare un film tratto dal libro “Tibi e Tàscia”. Ovvero la
storia di due ragazzi (Tiberio e Teresa) che, quando non svolgevano un lavoro,
giocavano liberamente negli spazi aperti della loro realtà sognata. Poiché,
come scrisse Geno Pampaloni, l’alternativa alla cruda esistenza del
paese non era la giustizia, ma l’evasione.
Tutta la narrazione, pertanto, è contrassegnata dall’avvicendarsi di fantasie, desideri di fuga ed esperienze dolorose. Tibi, alla fine, riuscirà ad andare via mentre Tàscia resterà sola, con la consapevolezza di dover vivere, per sempre, nella misera ristrettezza di un mondo chiuso.
"TIBI E TASCIA" IN UN MURALE DEL BORGO DI SANT'AGATA DEL BIANCO |
Una
consapevolezza, questa, ben espressa da Pasquino Crupi che, a
tal proposito, evidenziava: “Nelle verdi e sazie campagne del Mezzogiorno
gli uomini non ebbero mai età: nacquero adulti. Non esistono fanciulli, ossia
esseri umani lontani dalla fatica”.
Ecco perché
Tàscia si troverà in piazza, con gli altri ragazzi, ad assistere alla partenza
di Tibi. “ Oh come gridava ora la macchina, - si legge alla
fine del romanzo – si muoveva, correva, alzava una nuvola di polvere e
portava Tibi chi sa dove, chi sa in quale mondo straordinario e tutti
rimanevano lì, a guardare, e lei, Tàscia, si sentiva serrare la gola dai
singhiozzi, si sentiva la bocca più amara del fiele”.
Come
dicevamo prima, dunque, Strati e Dorigo avevano
individuato i luoghi per tramutare in immagini questo libro del 1959. La
piazzuola dove i ragazzi giocavano con le nocciole doveva essere la stessa
immaginata da Strati mentre elaborava la sue pagine: nella “ruga
randi” di Sant’Agata, proprio di fronte la sua casa.
Dorigo, poi, aveva visitato il centro
storico di Casignana e le “sette fontane” di Caraffa
del Bianco per rappresentare, esattamente, i diversi momenti di vita
quotidiana. Egli era affascinato dai nostri paesi, tanto che ripeteva: “il
futuro è in questi borghi, sono intatti”. Ma non solo. Pure i protagonisti
del film dovevano essere del posto. Lo scrittore ed il regista, quindi, si recarono presso la locale scuola elementare
per selezionare i giovani attori. Qualcuno ricorda che, per parecchi minuti, lo
sguardo di Strati fu come catturato dai disegni degli alunni esposti
in una parete. “Qui ci sono dei veri talenti! ”, esclamò quasi ad alta voce. Pochi giorni dopo,
l’equipe che doveva occuparsi della realizzazione dell’opera cinematografica
rientrò a Roma ma, per delle banali difficoltà finanziarie, la
pellicola non venne mai girata.
LE SETTE FONTANE DI CARAFFA DEL BIANCO |
Sembrava
tutto pronto, ogni cosa era stata valutata con attenzione, ma niente. Il
progetto sfumò e non se ne parlò più. Certo, noi da soli potevamo fare ben
poco, non eravamo in grado di dare un seguito a quell’idea, di liberarci dalle
nostre trappole mentali. E non avevamo nemmeno voglia di preservare le forme di
quel mondo passato.
Oggi però,
di colpo, ci accorgiamo di aver perso definitivamente il nostro Nuovo Cinema
Paradiso. Del paese ammirato da Dorigo non rimane quasi traccia,
così come dei due splendidi palazzi nobiliari che poteva vantare la piazza di Sant’Agata.
Ed a
ragionarci bene in quella piazza arrivava ogni estate un personaggio molto
simile all’Alfredo delineato da Tornatore.
Si chiamava Carlo
Rossi, attaccava i manifesti colorati con i film che avrebbe proiettato nel
suo cinematografo estivo e andava a parlare alla gente con il tono
confidenziale e scherzoso che lo caratterizzava. Ma questa è una storia nella
storia, che racconteremo un’altra volta, in ritardo come sempre.
Bambini di oggi che giocano come quelli di ieri, proprio nella piazzetta che fu di Tibi e Tàscia. |
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Bravo! “Tibi e Tàscia”........uno dei primi libri che nonno Peppino leggeva nelle sere d'inverno accanto al braciere......risento ancora la sua voce.....sentivo il freddo che i due ragazzi sentivano fuori, nelle "rughe".....Bravo! Angela
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