Dalle parole scritte in un articolo del Corriere della Sera del 06/12/2017 alle parole di Gaetano Salvemini
Nel 1898, a firma Rerum Scriptor, Gaetano
Salvemini pubblica sulla rivista “L’Educazione politica” il suo testo più noto: La questione Meridionale. Non sono poche le
occasioni che mi portano a rileggere Salvemini ed i grandi meridionalisti
(anche se non faccio parte della schiera dei cosiddetti neo-Borbonici).
Ho lavorato nella redazione del settimanale La
Riviera quando il direttore era Crupi, e Pasquino non si
stancava mai di ricordarci che la “questione meridionale” è stata trasformata
in “questione criminale”. Aveva ragione! Ne è un esempio l'articolo del Corriere
della Sera del 6 dicembre 2017, a firma di Goffredo Buccini,
dal titolo inquietante: I
51 Comuni sciolti per mafia che si ribellano ai commissari.
Si comprenderà che siamo di fronte ad
un atto d’accusa falso, indegno ed immorale perché è contrario ad ogni
credibile scelta di verità. In un passaggio Buccini addirittura si inventa che:
“i sindaci dei Comuni calabresi sciolti per mafia (o in odore di
scioglimento) non si rivoltano contro la ‘ndrangheta ma contro lo Stato”.
Incredibile!
Ma cosa è successo per scatenare la fantasia perversa
di questo “giornalista”?
Qualche tempo fa, 51 sindaci (che NON sono in odore di
scioglimento ma sono primi cittadini normali che gestiscono meno soldi e, sicuramente,
meno interessi rispetto ai sindaci del Nord), riflettendo sulle polemiche delle
ultime settimane riguardo una legge del 1991, scrivono al Ministro
Minniti per dire: "caro Ministro, anche secondo noi la legge
sullo scioglimento dei Comuni andrebbe modificata. Discutiamone!".
Ma se i calabresi provano ad avere una voce, ad
“alzare la testa” (o ad usarla), vengono accusati di organizzare una sorta di
“ribellione mafiosa” (nell’800 qualcosa di simile succedeva ai briganti).
Eppure quest’articolo è una metafora di tante cose.
Negli ultimi anni ho pensato ad un meridionalismo più moderno: citare soltanto
i libri di inizio ‘900 mi sembrava un esercizio sorpassato, bisognava guardare
al futuro e studiare il presente costruendo una nuova visione del Sud. Ma
dovevamo farlo adesso, perché se aspettavamo che arrivasse qualcuno da fuori
per “salvarci” non sarebbe mai cambiato nulla (Saverio Strati docet!), dovevamo segnalare le nostre
ombre e trovare dentro di noi la forza per mutare le cose.
Eppure, oggi, mi tocca fare un passo indietro per tornare a Salvemini ed alle sue riflessioni. Ne riporto, qui,
alcune:
Salvemini, quattordicenne, si trovava con la madre in
un treno che lo conduceva a Bari. Nel suo vagone c’erano alcuni piemontesi. Uno
di loro diceva: Postacci…qui aria cattiva, acqua pessima, dialetto
incomprensibile che par turco, popolazione ignorante, superstiziosa,
barbara..”.
Il giovane Salvemini lo interruppe: Non siamo mica
barbari, quando ci rubate i nostri quatt…” ma un “atroce pizzicotto materno” lo
bloccò. Eppure il giovane già provava “una coscienza indeterminata e profonda
di esser vittime della loro rapacità e prepotenza, una amara avversione, acuita
di tanto in tanto dai segni di disprezzo, che dal Nord ci vengono, il
desiderio ardente di farla finita una buona volta con questa situazione
subordinata e disprezzata.”
Ed ancora, più avanti, Salvemini dice:
Un corrispondente vuol dare al suo giornale un’idea
della corruzione elettorale del suo collegio? Non mancherà di scrivere,
per dare un’idea sintetica della situazione: “Pareva di essere nel
Mezzogiorno”.
Un romagnolo, col quale sono stretto da calda amicizia,
credette una volta di farmi un gran complimento dicendomi “Pare impossibile che
tu sia meridionale!”.
Tuttavia, il grande meridionalista ci ricorda che:
Il Napoletano e la Sicilia non avevano debiti quando
entrarono a far parte dell’Italia una; e la unità del bilancio nazionale
ebbe l’effetto di obbligare i meridionali a pagare gl’interessi dei debiti fatti dai settentrionali prima dell’unità e fatti quasi tutti per
iscopi che coll’unità nulla avevano da fare..
Il Napoletano e la Sicilia erano ricchissimi di beni
ecclesiastici, mal coltivati, è vero, ma i cui prodotti si consumavano
localmente..
L’Italia meridionale ha, nel seno dell’Italia una, non
solo le funzioni sopra enumerate, ma deve avere anche quella di servire di
mercato per lo smercio dei prodotti settentrionali..
Le rete ferroviaria statale, costruita a spese di
tutti, si è sviluppata magnificamente nell’Italia settentrionale, al Mezzogiorno ogni volta che si è concesso un tronco ferroviario, la concessione
è stata fatta di malavoglia ed ha avuto l’aria di un’elemosina….
E mentre a molti politici meridionali fa pure comodo gestire un certo "il meccanismo del sottosviluppo", la lezione di Pasquino Crupi (autore del
volume “La Questione Meridionale
al tempo della diffamazione calcolata del Sud, pubblicato nel 2013, poco prima della morte dello scrittore) risulta più attuale che mai. Ma, dopo la diagnosi, servono ricette e cure per combattere le nuove
forme di squilibrio che mascherano il vecchio male sociale ed economico che, da
sempre, ci rende così facili da “governare” e denigrare.
Intanto, i 51 sindaci diffamati hanno
inoltrato una lettera alla redazione del Corriere
della Sera invitando il Direttore a rettificare l’articolo di Buccini.
La mia è la terza delle 51 firme e, di certo, non mi sento sconfitto anche se so bene che viviamo in
un’epoca che non è soltanto nemica della politica ma è, soprattutto, nemica del
pensiero, poiché tutto è impressione veloce e ogni tempo è tempo mediatico (che
lascia poco spazio alla riflessione e molto spazio ai pappagalli del web).
Anche Buccini lo sa! E ci gioca, ed intanto ci offende, perché convinto che contro la Calabria si può tutto, dato che non è una terra normale ma un alveo dimenticato, senza difese (chi ci
difende?), senza importanza, con un popolo rassegnato e con un cuore che non matura (e non
riesce più a sperare). Riusciremo mai a dimostrare che si sbaglia?
DOMENICO STRANIERI
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