Una scritta enigmatica,
una morte misteriosa ed il segreto del tesoro dei briganti
Dal mensile In Aspromonte di aprile 2014
Nella prefazione del suo libro “Storia delle terre e dei luoghi leggendari “ (Bompiani, 2013) ,
Umberto Eco scrive che “le terre ed i
luoghi leggendari sono di vario genere e hanno in comune solo una caratteristica:
sia che dipendano da leggende antichissime la cui origine si perde nella notte
dei tempi, sia che siano effetto di una invenzione moderna, essi hanno creato
dei flussi di credenze”.
Sicuramente Eco ha ragione, principalmente per quanto
riguarda le grandi utopie e le grandi narrazioni. In Calabria, invece, si vive
il doppio pericolo della perdita definitiva della cultura orale (e della
fantasia collettiva di un popolo) e dell’alterazione o cancellazione delle terre
e dei luoghi leggendari (soprattutto quelli meno noti ma non meno
affascinanti).
Qualcosa, però, si può ancora recuperare. Come la storia di un
tesoro e di briganti misteriosi (tanto che non conosciamo il nome di nessun
bandito) e l’epica figura di una schiava: Giulia. Ovvero una leggenda che ruota
intorno ad una roccia e all’enigma di una scritta incisa su di essa.
La roccia in questione si trova in contrada “Ferrubara”, nel comune di Caraffa del Bianco
(a pochi metri da due splendidi palmenti scavati nella pietra) nella terra di
Francesco Minnici, un giovane che ricorda come suo nonno tramandò questo
racconto a suo padre (che era anche poeta dialettale) e quest’ultimo, a sua
volta, sul filo della memoria, a lui.
La leggenda di “Giulia schiava”, quindi, si trasmette
oralmente da diverse generazioni. Anche perché noi calabresi, oltre all’amore
per i racconti, nutriamo pure una singolare attrazione per i briganti.
Così, ho iniziato a sentire gli anziani di Caraffa del Bianco per capire cosa è rimasto di questa storia. I ricordi delle prime persone che ho ascoltato erano confusi, ma tutti rammentavano la tenacia di ricercatori che di notte scavavano nella speranza di trovare un tesoro e di avere una rivincita sulla miseria. Di Giulia, poi, si sa soltanto che era la schiava dei briganti (alcuni, però, mi specificano che era un’ancella romana) morta e seppellita accanto ad una roccia. Ecco perché da tempo immemorabile quella è “la roccia di Giulia schiava”.
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La roccia |
“Se tu verrai a mezzanotte, con la luna piena, su questa
roccia - continuò la donna del sogno - e porterai il tuo bambino, allora spunterà
un animale che senza fargli del male lo lambirà. Dopodiché ti indicherà il
punto esatto dove si trova il tesoro”. La mattina seguente mia nonna raccontò
il sogno al marito, che aveva studiato in un collegio ecclesiastico ed era un
uomo colto. Mio nonno si arrabbiò dicendo: “Non capisci che quella donna ti ha
chiesto in sacrificio la vita del bambino? Non capisci che vuole un altro
spirito che custodisca il tesoro al suo posto per potersi liberare dalla sua
condanna eterna?”. La mia povera nonna inorridì; per nessuna
ricchezza al mondo avrebbe barattato la vita del suo bambino. Per qualche tempo
ella sognò ancora quella schiava che, però, non le disse più nulla. Fintanto,
quando si trovava in campagna, non smise di percepire altri strani segni. Un
giorno, ad esempio, vide delle monete per terra, ma non le raccolse”.
Le stesse visioni della nonna della signora Di Paola, come ad
esempio quella del passaggio nei pressi della roccia di una gallina con i
pulcini d’oro, mi vengono confermate da altre persone che aggiungono: “C’è qualcosa di incomprensibile in quel
posto, perché proprio lì gente ingenua e senza pregiudizi ravvisa da sempre
cose assurde? “.
Tuttavia, in un primo momento, l’iscrizione enigmatica di cui tutti parlavano sembrava scomparsa. Ma grazie alla pazienza di un padre e un figlio (Vincenzo e Stefano Bagnato) che hanno ripulito il blocco di pietra dal muschio che lo copriva, è riaffiorato quel che rimane di essa. I caratteri sono alti una decina di centimetri, la lunghezza è poco più di un metro e, da subito, si distingueva una lettera che somigliava a una “c”.
Qualche giorno dopo, assieme a Francesco Minnici, mi sono
recato a perfezionare il lavoro di pulizia della roccia e, dopo averla inumidita,
non è stato difficile capire cosa vi è impresso. Difatti, la parola in
questione, che verosimilmente risultava priva di significato agli occhi dei
contadini, è: “Scipio” *.
Potrebbe trattarsi del nominativo latino di Scipione l’Africano,
ma non è facile chiarire il nesso che c’è tra il riferimento ad un condottiero romano
e l’individuazione di un tesoro. Di certo è stato emozionante ritrovare dei
segni che rimandano a un tempo lontano.
Ma al di là di tutto, ed in attesa di far visionare la scritta ad un esperto, è necessario chiedersi cosa c’è dietro la coscienza del nostro immaginario, cioè che valenza antropologica hanno tali leggende, quando hanno avuto origine e come sono state trasfigurate. E poi, quanto si è perso dei racconti orali e cosa non è ancora scomparso del tutto (anche nelle presenze più minute della natura).
Poiché noi calabresi, che amiamo ripetere di continuo che
“fummo la Magna Grecia”, oltre a “spersonalizzare” il paesaggio reale, rischiamo
di non conservare più nemmeno i paesaggi della nostra fantasia e della nostra
cultura.
DOMENICO STRANIERI
* Insieme a me e Francesco Minnici c'era anche Giovanni Minnici, un giovane escursionista di Sant'Agata del Bianco. E' stato proprio Giovanni a decifrare per primo la scritta SCIPIO.
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La signora GIULIA DI PAOLA |
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I segni della scritta (prima di essere ripulita completamente e decifrata) |
I palmenti in prossimità della roccia di "Giulia Schiava" N.B. Secondo uno studio del prof. ORLANDO SCULLI, nel circondario di Ferruzzano, Bruzzano, Sant'Agata, Caraffa del Bianco e Casignana si contano circa 700 palmenti |
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Vincenzo e Stefano Bagnato |
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Francesco Minnici Giovanni Minnici, il primo a decifrare l'incisione della roccia (In questa foto è accanto ad un palmento di Casignana) |
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Dopo aver ripulito ed inumidito la scritta, la parola SCIPIO risulta chiara. |
..E SE QUELLA DI GIULIA FOSSE UNA FIGURA RELIGIOSA?
Dopo aver
scritto questo pezzo mi sono chiesto: "siccome le prime Sante della
cristianità erano quasi tutte delle schiave, questa leggenda può essere la
trasfigurazione di una storia cristiana"?
Così ho pensato di trovare e leggere la vita di Santa
Giulia. E, come spesso accade, le cose scontate possono rivelarsi anche le più sorprendenti. Difatti ho
subito riscontrato delle attinenze tra la leggenda di “Giulia Schiava” e la
vita di Santa Giulia. Ecco in breve quali sono tali somiglianze:
2) Santa
Giulia era di Cartagine cioè la città conquistata da Scipione (anzi da due
Scipioni, Africano ed Emiliano)…quindi la scritta SCIPIO ha un senso se considerata
in questa prospettiva.
3) Santa Giulia divenne la schiava di un certo Eusebio (un mercante siriano - palestinese) e viaggiava in una nave piena di beni preziosi.
4) Santa Giulia fu flagellata per ordine del magistrato romano Felice Sassone perchè accusata di irridere gli dei.
5) Secondo
Alfredo Cattabiani (autore del libro “Santi D’Italia”, BUR edizione digitale
2013) nel 439 d.C., quando i Vandali invasero l’Africa distruggendo Cartagine,
molti cristiani perseguitati dalla popolazione barbarica (che era ariana)
fuggirono attraversando il mare e portando con loro, in altre terre, le reliquie e la memoria di
Santa Giulia.
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I resti de "I Molinelli" |
7) Ci
sono diverse versioni, tuttavia, riguardo la vita di questa Santa cartaginese: per alcuni
studiosi, ad esempio, ella morì durante la persecuzione di Diocleziano (che iniziarono nel 303 d.C. quando l'ammirazione dei pagani per la nuova religione era considerata pericolosa per l'Impero) e le sue reliquie furono trafugate dopo l’arrivo dei Vandali (439 d.C.). Pare, comunque, che durante l’invasione dei barbari, molti cartaginesi
giunsero in Corsica, dove oggi Santa Giulia è la patrona dell’isola. Sempre in
Corsica raccontano che, una volta flagellata, i resti della Santa schiava furono
seppelliti sotto una roccia.
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