Dal mensile IN ASPROMONTE di Dicembre 2015
Dopo la nostra
intervista a Giambattista Scarfone, scrittore detenuto nel carcere di Spoleto,
a cui abbiamo dedicato anche la copertina di ottobre 2015, è nato uno scambio
epistolare tra Domenico Stranieri (autore dell’intervista) e Michael G. Jacob
(che con Daniela Gregorio scrive romanzi noir di fama internazionale). Di seguito, l’ultima lettera arrivata in Calabria, poiché è una
bella testimonianza di cultura e sensibilità.
Caro Domenico,
Grazie per la tua lettera. Ci devi
scusare, ma stavamo in Inghilterra e l’abbiamo letta solo ieri. Nel frattempo ci
è arrivata anche la copia del giornale In
Aspromonte mandato da Giambattista.
Adesso, ti raccontiamo un po’ di cose
che abbiamo imparato come due scrittori che hanno avuto il privilegio (vero) di
entrare in un carcere di massima sicurezza.
Avevamo sentito da due fonti diverse
di Giambattista Scarfone prima di incontrarlo.
La prima, Giovanna Zucconi, allora giornalista
di La Stampa, venuta ad intervistarci
nel 2008. Giovanna ci parlava di una persona nel carcere di massima sicurezza
di Maiano di Spoleto che l’aveva contattata chiedendole consigli riguardo ai
suoi romanzi inediti. Siccome noi abitiamo a Spoleto, la sua ‘ruga’ e la nostra
‘ruga’ stavano molto vicine.
Poi, poco tempo dopo, ci ha
telefonato un insegnante che lavora al carcere, Luciana , dicendo che alcuni
dei suoi allievi avevano letto i nostri romanzi, e ci ha invitato a Maiano per
parlarne con loro. ‘Sarà un’esperienza,’ diceva Luciana, e non aveva torto. Così
ci siamo trovati di fronte ad un gruppo di dieci o dodici persone nella
biblioteca della prigione.
G.Scarfone con Michael G. Jacob nella biblioteca del carcere di Spoleto |
Fra loro c’era Giambattista Scarfone.
Siamo stati calorosamente ricevuti, e
l’incontro è stato un vero piacere per noi, e, speriamo, per loro.
In effetti,
è stato solo il primo di una serie di incontri con i ‘ragazzi’ di Maiano. La
loro curiosità cominciava con i nostri libri, ma non finiva lì. Abbiamo
scoperto che molti di loro scrivevano. Alcuni per motivi di studio, ma altri vi
si erano applicati con delle ambizioni ben oltre il semplice desiderio di
tenere un diario o raccontare storie delle loro esistenza. Alcuni avevano
pubblicato libri di fiabe e racconti insieme ai loro insegnanti. Giambattista Scarfone
era uno di loro ma aveva una marcia in più. Aveva già scritto otto o nove
romanzi.
Chi non ha mai provato non può capire
il lavoro che richiede la scrittura di un romanzo di tre, quattro, o
cinquecento pagine. Richiede un’immaginazione, certo, una capacità di creare un
mondo popolato di personaggi dove succedono cose non banali, ma anche la
costanza e il lavoro di molti mesi, o anche anni, davanti ad uno schermo, o una
pagina bianca. Immaginate poi a scrivere 24,000 pagine come ha fatto
Giambattista, otto romanzi lunghi, a coprire tutti quei fogli bianchi con oltre
due milioni quattrocentomila parole! È un impresa immensa. Eppure, ogni
scrittore che ha avuto la fortuna di essere finalmente pubblicato ha dovuto
fare un apprendistato simile. Ha lavorato da solo per anni e anni, imparando i ‘trucchi
del mestiere’, cioè come costruire una storia, come riempirla con personaggi
che sembrano veri, come scrivere i dialoghi, come creare la trama e mantenere lo
suspense, come portare il lettore da un inizio intrigante fino ad una
conclusione dove i nodi si sciolgono e la fine sembra emergere con naturalezza
da quello che l’ha preceduto.
E tutto questo senza nessuna garanzia
che il ‘miracolo’ succederà.
Tutti noi che scriviamo crediamo nel ‘miracolo’
della pubblicazione. Crediamo che prima o poi qualcuno riconoscerà il valore di
quello che ci sentiamo spinti a fare. Quante volte ci siamo chiesti se valesse
la pena o no. Nonostante le lettere di rifiuto, gli editori che ti respingono
con un gentile ‘mi dispiace ma...’ o un silenzio ancora più devastante tanto più
i tempi si allungano. Ma il vero scrittore fa una cosa ogni giorno della sua
vita: si mette giù a scrivere. E così fa Giambattista Scarfone.
I Michael Gregorio, firma che unisce Daniela De Gregorio e Michael G. Jacob, autori noir di fama internazionale |
Abbiamo anche portato Giovanna Zucconi a Maiano con noi un giorno, e Scarfone ha avuto l’opportunità di parlare con lei. Quando RAI
Abbiamo anche premiato Scarfone al festival di Trevi Noir come miglior scrittore non pubblicato. Cioè, abbiamo fatto quel poco che potevamo fare.
Quello che racconta Giambattista e
gli altri ragazzi merita attenzione. Richiede lavoro, impegno. Richiede anche
‘esperienza di vita’, e questa l’hanno in abbondanza. L’altra grande cosa che
ha lo scrittore incarcerato è tempo a disposizione. Sembra uno scherzo, ma non
lo è. Scrivere un libro richiede tempo per pensare, leggere e imparare. Tempo per
scrivere, correggere e riscrivere. Molti dei detenuti partecipano a corsi accademici
cercando un modo per impiegare il loro tempo. Tanti ormai si laureano.
Riempiono le lacune lasciate dalla scuola, e poi affrontano studi che forse non
avrebbero mai preso in considerazione. Si dice che la recidività criminale ammonta
a quasi 60%, mentre la percentuale che tornano in galera si abbassa a sotto il
4% fra quelli che riescono ad ottenere una laurea.
Questo è certamente un bene. Ma se invece
di studiare, uno volesse scrivere un romanzo? Non è ugualmente impegnativo,
ugualmente riabilitativo? Non si impara di sé e degli altri? E poi, ad opera
compiuta, invece di un solo di foglio di carta, si hanno in mano cento, mille pagine
dattiloscritte.
L'ultimo libro firmato MICHAEL GREGORIO |
Giambattista Scarfone sta facendo il
suo lavoro: scrive.
Noi facciamo quello che possiamo:
consigli e scambi di opinioni.
Quello che manca è l’impegno, da
parte delle autorità, di aprire le porte all’esterno e portare dentro persone che
possano aggiungere le loro conoscenze professionali del mondo dei libri. Senza
editori che leggono i lavori di scrittori come Scarfone, e case editrici che la
pubblicano, si rischia la perdita di un punto di vista del tutto originale.
Il caso dello scrittore statunitense Edward (Ed)
Bunker è illuminante.
Bunker è entrato nel mondo della criminalità fin da ragazzo ed è entrato e uscito varie volte di
galera, accusato di aver commesso crimini come la rapina a mano armata. In
prigione ha imparato a scrivere ed è diventato uno dei maggiori autori
americani di gialli e noir. Non è mai rientrato in prigione. Questo è un fatto.
Scrittori come Giambattista Scarfone possono diventare gli Ed Bunker italiani,
ma hanno bisogno del ‘miracolo.’ Cioè, un editore che creda in lui affinché le
sue storie possano far appello ad un pubblico di lettori che vuole entrare nel mondo
della sua fantasia.
Speriamo che il miracolo avvenga.
Gambattista lo merita.
Mike
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