UN ANTICO LINGUAGGIO RACCONTATO DA FRANCESCO MAISANO
Dal mensile IN ASPROMONTE di Agosto 2014
Proviamo a leggere
questa frase ad alta voce: “Ti seviseyu sedosamaseni a semisezza semisenosetti
nto semisevosescu di Sestoseli”. Si
tratta di un modo d'esprimersi volutamente
contorto. Tradurremo più avanti il suo
significato nascosto poiché, innanzitutto, bisogna capire dove nasce un lessico
e perché.
Ho scoperto durante un
viaggio in Australia, grazie a Francesco Maisano, emigrato a Melbourne nel
1950, questo gergo calabrese che si parlava in una contrada denominata “Màglia”
(che oggi si estende fino al centro abitato di Africo Nuovo), tra la foce della
fiumara La Verde e la campagna di Stoli.
E’ curioso rintracciare
in un altro continente elementi del nostro passato di cui non abbiamo memoria
ma che gli italiani, partiti più di mezzo secolo fa, non smettono di tramandare
ai propri figli.
Ovviamente, in
Aspromonte quando narriamo di cose segrete, bande leggendarie, tesori
invisibili,si pensa subito ai briganti. Se non altro perché, come diceva Walter
Benjanim, restano pur sempre i più nobili tra i delinquenti, gli unici a possedere una storia. Benjamin si
riferiva principalmente ai banditi dell’antica Germania, ed è singolare che
anch’essi utilizzassero un loro linguaggio specifico: il Rotwelsch.
Ma Francesco Maisano non
ha per nulla l’aspetto del malavitoso, anzi ha gli occhi limpidi e affabili
delle persone buone. Non è più tornato in Calabria (ed è sicuro che morirà
senza rivedere la sua terra) ma rammenta perfettamente che da bambino con
parenti e amici comunicava in uno strano modo, volutamente “contaminato”. “Mio
padre mi insegnò questo linguaggio perché non venissimo capiti dagli altri”, mi
spiega. Anche lui, poi, ha trasmesso alla figlia Franka l’antico gergo, quasi con
naturalezza, come un segno distintivo, un codice da lasciare in eredità.
Difficile, comunque,
individuare in quale fase storica si ravvisò la necessità di non farsi
comprendere.
In una terra come la
nostra, fuori mano e crocevia di tanti popoli, sicuramente non bastava avere capacità
di sopportazione ed una buona dose di fortuna. Occorrevano anche furbizia e
destrezza e, probabilmente, qualche volta, per sopravvivere e sfuggire alle
persecuzioni delle autorità del tempo, era importante “non farsi capire”.
Forse anche per questo,
nell’indole dei calabresi, permane un ancestrale senso del sospetto, la paura di
essere raggirati e una pari destrezza ad ingannare.
Certo, la globalizzazione
sta modificando pure l’arcano impulso che avevamo di proteggere sentimenti e
cose. Tanto che, ad esempio, su Facebook non vi è molta differenza tra il modo
di esprimersi di un lombardo o quello di un calabrese. Parafrasando Alvaro
potremmo dire che entrambi sono impegnati a costruire un piccolo monumentino a
se stessi (“oggi ho mangiato questo….ecco un selfie”…).
Conosceremo tra qualche
anno quale posto avremo nel “paradiso della tecnica”.
Intanto, poiché lo
avevo promesso, vi devo la traduzione dell’espressione iniziale. E cioè quella
frase che un tempo, quando Francesco Maisano era bambino, fissava segretamente
qualcosa: “Ci vediamo domani, a mezzanotte, nel bosco di Stoli”.
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