Dal mensile IN ASPROMONTE
Anche suo
figlio Antonio era un liberale. Nel 1820 partecipò personalmente al moto
carbonaro di Napoli con Guglielmo Pepe, Giustino Fortunato e gli altri che, il
6 luglio, videro Ferdinando I costretto a concedere la Costituzione. Erano
ardimentosi i Verduci! Anche contingenze nostrane li rammentano senza paura,
sempre pronti al confronto/scontro con chiunque. In una denuncia del 1833,
parlando di una Setta segreta denominata Nuovi Europei Riformati operante a
S.Agata del Bianco (esattamente nel Palazzo Borgia, nella “ruga randi”) il
parroco Vincenzo Tedesco scrive che appartiene ad essa pure Antonio Verduci, “notoriamente facinoroso”. In un’altra
circostanza, Antonio Verduci si scontra addirittura con Giuseppe Nicita da
Casignana, meglio noto come Padre Bonaventura, il quale era confessore
prediletto di Maria Cristina di Savoia ( che invierà al Bonaventura varie
lettere prima di diventare la moglie di Ferdinando II di Borbone).
Ecco, nel racconto “La luna è nera” (AGE 1992), come Gaudio Incorpora riporta l’episodio: “ Antonio Verduci, una sera di domenica, discutendo animosamente con alcune persone nella piazza di Caraffa, bestemmiò ad alta voce, Passava da lì il guardiano del convento del Crocefisso Padre Bonaventura, e lo denunciò. A sua volta il Verduci, che era veramente irascibile, e non si faceva posare la mosca sul naso, denunciò il religioso per un reato molto più grave: piantagione e allevamento di oltre duemila piedi di tabacco. Alla causa che ne seguì per direttissima il Bonaventura, resosi contumace, venne condannato a sette anni di reclusione”.
Da questi spiriti combattivi nacque anche
Rocco, il rivoluzionario che leggeva Walter Scott e così rispondeva, da
prigioniero, a chi gli domandava di rivelare i nomi dei suoi compagni patrioti:
“Che domande incivili! E chi mai potrebbe riscattare la vita
con il prezzo di tanta vergogna”.
Poco tempo dopo, contro i giovani che
chiedevano la concessione della Costituzione e sventolavano la bandiera
tricolore furono esplosi 40 colpi di moschetti a distanza ravvicinata. Si
dice che una giovinetta di Gerace, Teresa Malafarina, durante gli spari, alla
vista degli indumenti dei cinque rivoluzionari che si incendiavano impazzì dal
dolore.
Per Giuseppe Dieni (Dove nacque Pitagora?, FRAMA SUD 1976): “I martiri e gli eroi calabresi del periodo risorgimentale, con Rocco Verduci in testa, non aspiravano ad un nuovo regno ma alla repubblica. Per tale fine insorsero contro il re Borbone e poi seguirono Garibaldi. Ecco perché Rocco Verduci non ebbe gli onori che meritava dagli immediati posteri in maggioranza filo monarchici”. Sappiamo difatti che per molti aspetti la monarchia dei Savoia si dimostrò peggiore di quella dei Borboni. Per questo, come scrive ancora Dieni, “il popolo fece la sua rivoluzione abbandonandoli, emigrando alla ventura nelle lontane Americhe”.
Il vecchio portone di Palazzo Verduci a Caraffa del Bianco |
Il busto bronzeo di Rocco Verduci davanti al Municipio di Caraffa del Bianco |
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