da LA RIVIERA del 25 luglio 2010
Attore, autore di teatro, sceneggiatore, traduttore di romanzi dall’inglese, Fabio Bussotti si è diplomato presso la Bottega Teatrale di Firenze, diretta da Vittorio Gassman. Ha avuto come insegnanti, tra gli altri, Vittorio Gassman, Adolfo Celi, Orazio Costa, Giorgio Albertazzi, Gianandrea Gazzola, Alvaro Piccardi, Giovanni Pampiglione, Carla Bizzarri. Nel 1989 vince il Nastro d'Argento come miglior attore non protagonista per il film “Francesco” di Liliana Cavani. Per il teatro ha interpretato innumerevoli ruoli curando anche la regia del racconto popolare “Uscita d Sicurezza”, di Ignazio Silone. Infatti Fabio Bussotti è anche autore teatrale e scrittore di soggetti e sceneggiature cinematografiche. Nel 2008 ha esordito come autore di una avvincente spy story, “L'invidia di Velàzquez” (Sironi, 2008). Lo stesso Bussotti ci fa sapere che è già pronto il suo secondo romanzo: “Il cameriere di Borges”.
L'INTERVISTA
Come nasce il tuo amore per il mestiere dell’attore?
Io ho iniziato a fare l’attore a 19 anni. Nel 1982 fui preso alla Bottega Teatrale di Firenze, che era la scuola di Gassman ed Albertazzi.
Nel 1983, poi, ho fatto il Macbeth con Gassman
e da lì è cominciata quella che è la mia avventura professionale. Con Vittorio Gassman
ho lavorato molto e nel 1992 abbiamo girato insieme il mondo con il recital Ulisse e la Balena bianca. Devo
tutto a Gassman perchè fu lui ad incoraggiarmi a fare l’attore. Pensa che ero
un brillante studente di medicina all’Università di Perugia.
Nella tua carriera, quale personaggio ti ha
più coinvolto emotivamente?
Di recente, al Teatro
Mercadante di
Napoli,
ho recitato nel dramma “Aspettando Godot”,
di Samuel Beckett, dove ho interpretato il ruolo di Lucky. Ebbene, Lucky tira
fuori il dolore del mondo. Quel personaggio per me è stato sconvolgente!
Ho letto delle recensioni positive anche
riguardo il tuo “essere scrittore”. Com’è nato il romanzo L’invidia di Velàzquez?
Il
libro all’inizio era un soggetto cinematografico che ho fatto leggere a diversi
produttori che, però, si sono quasi spaventati, perchè lo hanno considerato un "colossal", eccessivamente costoso, con troppi effetti speciali, scene
in Spagna ed in Italia ecc... Ma io non volevo buttare via la storia...così ho
scritto il romanzo.
Come mai proprio “Las Meninas”?
Perchè
è un quadro molto bello che fa parte della storia dell’arte mondiale e con il
suo fascino ha interessato, più che i
critici d’arte, i filosofi. Su questa opera, infatti, esistono centinaia di
diverse interpretazioni estetiche. La più importante, quella che ha scatenato
tante polemiche, è di Michel Foucault
che, nel 1967, ne “Le parole e le cose”,
interpreta questo enigmatico quadro. Ne è scaturito un dibattito acceso tra
filosofi e professori di estetica che continua tutt’oggi. Diciamo che io ho
preso in prestito questo dibattito ed ho trasformato la storia in un thriller.
La tesi del mio romanzo, infatti, è che nel quadro è contenuto un enigma che,
una volta risolto, spiega chi è l’assassino.
Prima, insieme, siamo andati a Caraffa del
Bianco a visitare la casa che fu di Rocco Verduci, martire per la libertà nel
1847. So che stai scrivendo anche tu la storia di due giovani morti per un
ideale, cioè i fratelli Enrico e Giovanni Cairoli. Ma secondo te, oggi, in
Italia c’è chi darebbe la vita per un’ idea?
Non
credo proprio! Adesso a pronunciare le frasi di Verduci, a distanza di tanto
tempo, potrebbero apparire retoriche ma
in realtà non è così. Stiamo parlando di giovani ventenni cresciuti leggendo i
testi dell’Illuminismo italiano ed europeo, che credevano nella libertà, nella
democrazia, nel suffragio universale e sognavano di salvare i poveri dalla
schiavitù. Questi ideali erano una ragione di vita e purtroppo anche di morte.
Ma, dopo la seconda Guerra Mondiale, sono diventati i capisaldi delle Costituzioni
del ‘900. Ecco perché quando si parla di questi ragazzi si deve sempre tenere presente la loro giovane età e
l’utopia che regnava in loro. Quella dei moti risorgimentali si può considerare
una stagione irripetibile. Credo che l’unica pagina storica riconducibile a quella
ventata forte di ideali sia stata la Resistenza.
Bussotti davanti il portone di Palazzo Verduci |
So infatti che hai preso la tessera
dell’Anpi...
E’
un’iniziativa di Dacia Maraini e Concita De Gregorio, le quali
hanno invitato artisti, attori ed intellettuali italiani a prendere
la tessera dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, come ultima trincea
contro chi vuole cancellare la storia, vuole dimenticare la Costituzione e sopprimere
i valori su cui si basano le cose buone del nostro paese. A questa iniziativa
hanno aderito in tanti ed anche io ho preso la tessera procurando, tra l’altro,
una grande soddisfazione a mio padre, il quale ha 85 anni ed ha combattuto
durante la Resistenza.
Non è la prima volta che vieni in
Calabria...avrai notato che negli anni è cambiato ben poco; ed anche “la
questione meridionale”, oramai, sembra riguardare solo il passato..
Non
ci sono parole educate per definire la classe politica italiana. Nessuno di
coloro che dovrebbero occuparsi di meridione ha un’idea di cosa sia il
meridione e la storia del meridionalismo. Nessuno di questi signori ha un’idea
di chi siano Salvemini, Calamandrei, Giustino Fortunato. Nessuno di questi
signori sa qualcosa di Vincenzo Cuoco.
La
politica è vissuta come difesa di interessi particolari. Quindi è molto vicina
all’idea delle mafie, le quali difendono interessi di clan contro lo sviluppo,
contro i giovani, contro la cultura, contro tutto il resto. Come fare per
innestare il seme della speranza in una simile situazione? Onestamente non lo
so. Forse ci vorrebbero l’esempio, l’utopia ed il coraggio che hanno animato
Verduci ed suoi giovani compagni più di
160 anni fa.
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