A Casignana sono ancora
fruibili le acque termali dei Romani. Ma nessuno lo sa!
Dal mensile IN ASPROMONTE di Agosto 2015
Nelle sue Memorie (1856), l’arciprete Vincenzo Tedesco scrive: “In distanza di
qualche miglio da Casignana nella contrada Favate, in terreno calcare vi è una
sorgente copiosa di acqua minerale, che a mia richiesta analizzata dai fratelli
farmacisti D. Biagio e D. Giuseppe Ielasi [...]. Tale acqua sarebbe utile alla
cura di varie malattie, e però si dovrebbe ben condizionare, per renderla
idonea all’uso medico”.
A dire il vero contadini e
pastori, in passato, si sono
regolarmente serviti degli effetti benefici dei fanghi che, in modo naturale,
hanno origine in questa località. E non è difficile immaginare che le acque
termali siano state utilizzate soprattutto dai Romani, vista anche la breve
distanza che intercorre tra l’area di Favate e la Villa romana di contrada Palazzi. Anzi, molti agricoltori raccontano di aver involontariamente
distrutto, durante i lavori nei campi, dei tubuli di terracotta che erano
orientati in direzione della Villa, verso il mare e lungo il pendio della
collina.
Negli anni ‘60 e ‘70, comunque, numerose famiglie costruivano
delle “logge” di canne e felci per dimorare vicino alla fonte termale di
Casignana e, per qualche giorno, curavano vari disturbi legati a problemi
reumatici. Insomma, da sempre, i fanghi delle Favate sono salutari per il
corpo.
Anche un medico di Caraffa del Bianco che risiede al
Nord, ma ogni estate torna
in Calabria, non ha dubbi riguardo le capacità terapeutiche della sorgente.
Pertanto, con alcuni amici, condivide un itinerario fisso: di mattina si
ritrovano tutti a Capo Bruzzano, davanti alla scogliera, in una spiaggia che
può competere per bellezza con qualunque posto del Mediterraneo. Pomeriggio,
invece, trascorrono alcune ore presso le acque termali di Casignana. Costo
della vacanza: completamente gratis.
Pure io, a luglio 2014, mi sono recato
alle Favate in compagnia di questo medico che, dopo essersi spalmato il corpo
di materia argillosa (aspettando che si consolidasse prima di iniziare la sua
azione antinfiammatoria) ironicamente mi raccomandava: «Non scrivere mai di
questo luogo, non pubblicizzarlo mai, non sarebbe bello attendere in fila per
fare i fanghi. Godiamoci questo paradiso da soli».
Era un modo stravagante per dire che posti unici, che altri popoli avrebbero utilizzato bene, qui, nel
migliore dei casi, vengono abbandonati. Perfino in un momento in cui accrescono
le inefficienze del sistema statale e ovunque si spinge per l’intervento dei
privati, in questo sito (che dista qualche chilometro dalla Villa romana e
qualche centinaio di metri dall’Albergo diffuso del Borgo antico di Casignana)
non c’è un progetto, non ci sono società, cooperative o imprenditori
interessati a realizzare una struttura moderna e confortevole. Ecco perché le
acque termali, come altre aree, rivelano le opportunità di un turismo che non
c’è.
La colpa? Di tutti. Chiaramente il ruolo dei privati andrebbe costruito
partendo da una buona politica, ma quasi nessuno riesce più a protestare,
ideare o immaginare qualcosa. Nei posti dove la storia non esiste hanno
inventato i theme park, ovvero vengono creati dal nulla un monumento, un
villaggio, un percorso o un affascinante scenario antico. Noi siamo impegnati
nel lavoro opposto, cioè a distruggere o rovinare, dimenticando non solo il passato
ma anche il futuro.
Tuttavia, nelle vicinanze delle acque di Favate, che probabilmente appartengono alla stessa faglia che
caratterizza le terme di Antonimina, c’è una realtà sorprendente.
Ma non
abbiamo più occhi per le colline di argilla bianca dove si produce il vino
greco, per il mare che un Hemingway o un Conrad avrebbero narrato traendo
chissà quali insegnamenti di vita, per le due fiumare che abbracciano un
paesaggio che gli dei ci avevano assegnato senza rovine, e nemmeno per
l’Aspromonte a cui ci legano i segni visibili ed invisibili dei nostri
antenati. Siamo assuefatti a tutto, persino a non considerare il turismo.
Ecco, adesso con questo articolo ho tradito la fiducia
del mio amico medico che,
quando arriverà in estate, per qualche tempo, di sicuro non mi porterà più con
lui. Poi scoprirà che ancora per molti anni potrà continuare ad andare alle
Favate senza incontrare troppa gente, ed allora si farà una bella risata e
intenderà che, per cambiare le cose del mondo, scrivere e raccontare, certe
volte, non basta.
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