Nel suo ultimo libro, Bruno Vespa include Corrado Alvaro tra gli "italiani voltagabbana"
Dal mensile IN ASPROMONTE di Gennaio 2015
Non so se Don
Massimo Alvaro avrebbe
commentato la pagina 61 dell’ultimo libro di Bruno Vespa,
“Italiani voltagabbana. Dalla prima guerra mondiale alla Terza Repubblica
sempre sul carro dei vincitori” (Mondadori 2014), laddove il conduttore di “Porta a Porta” annovera il fratello
Corrado tra gli intellettuali interni al regime fascista.
Per Vespa, difatti, Alvaro “nato liberale se
ne pentì. Gente in Aspromonte (1930) fu lodato dai critici e perfino da Mussolini”.Questo sarebbe il primo peccato di Corrado Alvaro.
Cioè quello di scrivere un libro (che molti citano senza averlo letto) “lodato”
dal Duce. Capovolgendo il concetto è come se dicessimo che apprezzare l’opera
di Pirandello o Ungheretti è
da fascisti. Credo che questa abitudine manichea di intendere le “collocazioni”
politico/culturali abbia prodotto solo danni alla nostra storia e alla nostra
cultura. Affermare, ad esempio, che Giovanni Gentile, da un punto
di vista teoretico era superiore a Croce è quasi un sacrilegio (da noi, non in Germania).
Insomma, non riconoscere il valore di un avversario resta una malattia tutta
italiana.
Ma torniamo a Vespa ed alle sue 16 righe e mezzo che
avviliscono la figura del più grande scrittore calabrese, che molti
consideravano da Premio Nobel (e forse lo avrebbe pure vinto se la morte non lo
avesse colto nel 1956 ). A Vespa si potrebbe rispondere con un libro
intero. Provo a farlo in un solo articolo, cercando di non cadere nella
prolissità. Ecco, dunque, le accuse mosse ad Alvaro: “esaltò le opere
di costruzione fasciste, frequentò con Moravia il salotto di Margherita
Sarfatti, ritirò nel 1940 il premio Mussolini e scrisse il volumetto Terra
Nuova”.
DON MASSIMO ALVARO |
Alle prime insinuazioni di Vespa mi piace controbattere
con le parole di Don Massimo Alvaro, le stesse di un’intervista che
mi concesse prima di morire e che uscì postuma su Il Quotidiano della Calabria
il 22 ottobre 2013.
Una delle domande era questa: “A proposito di fascismo, qualcuno ha
rimproverato ad Alvaro di non essere stato un aperto oppositore del
regime..”. E Don Massimo così rispose a me e, senza saperlo,
pure a Vespa:<<Alvaro poteva essere membro dell’Accademia
d’Italia e non lo fu. In quel periodo da Pirandello ad Ungheretti fino a
Marconi erano tutti Accademici. Ma Alvaro rifiutò. Vede, ci sono argomenti
esterni ed argomenti interni. Fondamentalmente era solo uno scrittore libero
stimato anche dai fascisti. Galeazzo Ciano se lo incontrava si fermava a
salutarlo. C’è una lettera di Margherita Sarfatti, la quale riceveva gli
intellettuali e gli artisti ogni venerdì, dove si evince che Mussolini
apprezzava l’Alvaro scrittore. Ma c’è anche una lettera di mio padre ove
Corrado è duramente rimproverato per non essere diventato, poiché non ha voluto
prendere la tessera fascista, Accademico d’Italia. Nel 1930 Bompiani stampò un
annuario letterario nel quale si chiedeva al Ministro Bottai qual’era il libro
che gli era piaciuto di più in quell’anno. Bottai rispose: “Vent’anni, di
Corrado Alvaro”. Io ho anche una lettera di Vittorio Mussolini, che dirigeva la
rivista “Cinema”, dove, riferendosi a Corrado, c’è scritto: “Ho ammirato
quest’uomo, pur essendo rispettato non ha mai chiesto niente”. Insomma,
possibile che in un tempo in cui quasi tutti erano fascisti il peccato di
Alvaro è quello di non aver fatto la rivoluzione? In realtà era critico verso
il regime. Gli inglesi, ad esempio, quando uscì “L’uomo è forte” scrissero
subito che era un libro contro il fascismo, esistono gli articoli. Ma Corrado
aveva la moglie e un figlio, doveva pensare a loro, era un uomo molto
equilibrato>>.
Nel libro “Alvaro Politico” (Rubbettino, 1981), il giornalista Enzo Misefari fu uno dei primi ad
evidenziare che “le parole liberal-antifasciste di Alvaro furono
molte, le azioni concrete poche”. Quasi una condanna sbrigativa per le azioni
che lo scrittore avrebbe dovuto compiere.Alvaro, di certo, non era un eroe, era
semplicemente un intellettuale che, tra l’altro, firmò il Manifesto
antifascista di Croce (filosofo che inizialmente fu vicino al
fascismo ma nessuno lo rileva con cattiveria) e il 16 dicembre del 1925 venne
pure bastonato.
Per quanto riguarda il Premio
Mussolini bisogna precisare che si trattava di un riconoscimento del “Corriere della
Sera” offerto (ogni 21 aprile) dai proprietari Mario, Aldo e Vittorio Crespi a cittadini italiani che avevano prodotto le migliori
opere nel campo delle discipline storiche, letterarie, scientifiche e
artistiche. Questa sarebbe stata un’altra “colpa” di Alvaro.
Peccato che solo allo scrittore di San Luca vengono
sottolineate certe imprudenze. Durante il lavoro preparatorio della nascita
della rivista di cultura e arte “Primato”, ad esempio, Giuseppe Bottai convocò letterati, critici e saggisti. Tra questi: Dino Buzzati, Vincenzo Cardarelli, Riccardo Bacchelli, Carlo Emilio Gadda, Mario
Luzi, Eugenio Montale, Cesare Pavese, Salvatore
Quasimodo, Giuseppe Ungheretti, Sandro Penna, Nicola Abbagnano, Galvano della Volpe, Enzo
Biagi, Indro Montanelli, Luigi Russo e tantissimi altri.
Bottai era una personalità stimata da molti intellettuali, che
partecipavano ai suoi dibattiti poiché gli riconoscevano grande cultura e ampie
vedute. Tuttavia solo ad Alvaro viene rinfacciato il fatto di essere
stato apprezzato da quel gerarca fedele all’idea fascista (che puntava ad un
regime più moderno e aperto al contributo di tutti). Ma andiamo avanti. A
proposito del libro “Terra Nuova” (scritto nel 1934, quando il fascismo
non aveva ancora fatto intendere compiutamente il suo vero aspetto) mi piace
riportare, nuovamente, le parole di Don Massimo Alvaro:
”Mussolini ha avuto tanti difetti, tuttavia non si può negare che è
stato artefice di opere pubbliche notevoli. Ma sostenere che la bonifica
dell’Agro Pontino è stata una grande opera non significa mostrarsi favorevoli
al regime. Già Leonardo da Vinci progettava delle soluzioni per quell’aria
paludosa e malsana, come pure tanti Papi. Aleardo Aleardi, ad esempio, nel
canto “Monte Circello” descrive la miseria delle paludi pontine. Corrado disse
che quella di Mussolini era un’opera meritoria e questo non gli fu mai
perdonato”.
Vespa, probabilmente, ritiene verosimili le valutazioni di alcuni
detrattori di Alvaro, senza considerare appieno il periodo storico né il
carattere schivo dello scrittore. Persino Mario La Cava,
riguardo questo argomento, ribadiva che: “Le paludi pontine sono state
un grande fatto tecnico operato dal fascismo. E lui (Alvaro) non poteva dire
che non fosse stata fatta bene questa bonifica, perché sarebbe andato contro la
verità…..Quindi certe esagerazioni di critica non dovrebbero trovare luogo nel
caso suo perlomeno, perché un uomo che vive sotto regime di dittatura deve
sapersi destreggiare per sopravvivere”.
Anche Montanelli, sul Corriere della Sera, nel 2001, affermò
che Alvaro era incapace di chiedere favori. Eppure visse anni duri.
Non so se la sua vera colpa sia stata quella, appunto, di essere
“sopravvissuto” al fascismo o di essere stato uno scrittore di respiro europeo
pur avendo “il passo lungo del calabrese che ha ancora molto da camminare”.
Di certo se Vespa fosse stato contemporaneo
di Alvaro non solo avrebbe ospitato nel suo salotto il Duce
(stipulando chissà quale contratto con gli italiani) ma sarebbe diventato anche
Accademico d’Italia, magari pensando allo scrittore di San Luca (che rifiutò la
tessera fascista) come ad un povero ingenuo che non aveva ancora capito come va
il mondo.
DOMENICO STRANIERI
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Mi è piaciuto il pezzo nel suo complesso. Non però quel carattere difensivo, quel sostrato quasi di excusatio non petita che sembra aleggiare sullo scritto a dar involontariamente ragione a quanti asseriscano che in fondo Alvaro è in torto perché con quel regime non ci si dovesse invischiare. E se questa (involontaria) impostazione avesse fondamento a nulla varrebbero le "chiamate in correo"di Pirandello, Croce o Ungaretti. Eppure quali erano le colpe di quel regime? L'essere giunto al potere con un gesto violento? La Marcia su Roma fu niente più che una manifestazione pacifica con solo qualche scazzottata estemporanea. Fu certo una prova di forza ma di forza politica non certo militare contro una alternativa "liberale"inetta e priva di consistenza politica od elettorale, null'altro che una presa d'atto celebrata in pompa magna. E poi ratificata dal re una volta che si capì che quello era il solo governo possibile. Curioso che gli stessi che accusano il regime per la sua genesi ora si spellino le mani ad applaudire la rivoluzione di Maidan che è stata invece un vero golpe violento (peraltro eterodiretto) con tanto di poliziotti e civili arsi vivi e assassinati dai golpisti (col tentativo, fallito, di addossarne la colpa al governo di Yanukovic), con repressione delle minoranze, coartazione delle loro libertà fondamentali, bastonature e umiliazioni inflitte ai dissidenti, uso dell'esercito (affiancato da bande paramilitari che si ispirano al Nazismo e a Bandera -la storia sa essere ironica-) contro la propria popolazione civile, stragi di civili inermi. È stato forse il Fascismo non particolarmente permissivo per quanto concerne la libertà di espressione? Può darsi. Si tenga però presente che il sistema "liberale" oltre a stare costringendo (con mezzi non violenti, certo) intere masse a ricevere una informazione censurata, edulcorata, corretta e asettica, sta costringendo (almeno) due dissidenti a vivere braccati all' estero (per non parlare di qualcun altro morto misteriosamente), migliaia di cittadini tenuti in segregazione a Guantanamo senza alcun diritto di difesa, sta imponendo il politically correct che altro non è che una forma di censura imposta dall'alto e approvata dai gonzi (ma anche quella del MiCulPop era in fondo accettata dalla popolazione italiana). E si sta inventando avventure belliche in giro per il mondo (con milioni di vittime prevalentemente civili) allo scopo di depredarne le risorse (ovviamente sempre per portare libertà a popoli oppressi, vero?). Forse il Fascismo ha provocato migliaia di morti con la sua bellicosità. Si, vero. Ma allora che qualcuno chieda a Doctorow, a Paul Auster o a D.F. Wallace di ripudiare il regime ben più sanguinario degli Stati Uniti d'America e di rifiutare ogni premio gli venga riconosciuto in patria. Solo allora si potrebbe accettare un qualche rimprovero ad Alvaro, uomo di grande dignità e orgoglio oltre che grandissimo scrittore. Ciao Domenico.
RispondiEliminaA sentire Alessandra Mussolini, Vespa è il figlio del Duce. Se non ho capito male.
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